Trapani città dalle 5 torri
COMUNICATO STAMPA
Nel pomeriggio del 12 dicembre 2017 nella chiesa del Collegio a Trapani è stato presentato il volume dello storico Salvatore Corso TRAPANI CITTA’ DALLE 5 TORRI – Itinerario tra storia e monumenti. Un’agile lavoro edito dal Movimento Cristiano Lavoratori (MCL) – Circolo Intercomunale e Unione Provinciale di Trapani e corredato di foto d’epoca dalla Collezione Perrera e da quelle attuali di Alice Marchingiglio integrate da altre di Vito Callotta. L’incontro è stato aperto e animato negli intervalli dal presidente dell’Associazione Acautès / A cu afferra un turcu è so’, Alberto Noto vocalista, e dalla presidente della Compagnia teatrale I Mirtilli, la vocalista Paola Stabile, che, con Giovanni Pavia chitarrista e clarinetto Domenico Sanfelice, formavano un quartetto, esibendo musiche e canti anche in dialetto e di loro composizione o arrangiamenti. Il moderatore dell’incontro, Francesco Mennella, ha introdotto gli interventi soffermandosi sulle modalità della comunicazione moderna e sulla necessità di coinvolgere cittadini e visitatori sulle vere peculiarità di Trapani, in una visione organica e costruttiva di rapporti e di vera accoglienza. In rappresentanza del MCL, presenti anche dall’esecutivo nazionale, Franco Di Genova, presidente del Circolo, e Ubaldo Augugliaro, presidente provinciale di Trapani, hanno illustrato come l’edizione in proprio della pregevole opera rientra nella presenza cristiano-sociale assicurata con questa e altre iniziative, nell’intento di raggiungere, in una seconda edizione in audiolibro e videolibro, i non-udenti e i non-vedenti, spesso emarginati, e informando i convenuti che manca solo l’inserimento del LIS (Linguaggio Italiano dei Segni) per il completamento. Intanto – hanno concluso – l’edizione a stampa offre una sintesi inedita della storia di Trapani, in quanto arricchita di proverbi, filastrocche e ricordi personali e di gruppo, che scorre senza trascurare avvenimenti datati e personaggi. Il moderatore ha ceduto la parola al vescovo Pietro Maria Fragnelli, additandone il ruolo significativo nella diffusione dei contenuti umani e cristiani a Trapani, città stratificata da tante civiltà e attratta da richiami fuorvianti. A sua volta il vescovo, rifacendosi all’appoggio amichevole verso l’autore e all’opera già conosciuta in bozza, ha ribadito l’attualità dell’accoglienza, un tempo rappresentata da Porte e Torri della città ed ora da rivivere attraverso la responsabilità personale, veicolando tanta ricchezza di sapienza e di tradizioni sedimentate. Dopo un intervallo breve di musica e canti del quartetto, il moderatore ha colto nelle parole del vescovo l’invito a sintonizzarsi, senza stereotipi, sull’accoglienza e sull’originalità dell’iniziativa. L’autore, con passione di studioso e di comunicatore, ha aperto il volume, frutto di due anni di immediato lavoro, ricordando il suggerimento avuto da un suo alunno in seminario ed ora parroco della Cattedrale, Gaspare Gruppuso. Da allora ha elaborato 30 soste, entrando quasi fisicamente da Porta Oscura e Torre dell’Orologio e visitando le altre Porte e Torri, di cui restano segni, assieme ai bastioni: è quanto ha resistito all’ingiuria del tempo e soprattutto degli uomini. Una complesso urbano, quello odierno esorbitante per l’abbandono del centro storico, esteso poi dal 1862 a levante fino alle falde del Monte Erice, strutturato inizialmente nella città quadrangolare punica e romana fino ai normanni, poi munita di Porte e Torri angolari, anche se c’erano altri piccoli accessi, cui bisogna aggiungere quale punto di avvistamento antichissimo la quinta Torre Colombaia, poi divenuta Castello di mare. Queste 5 Torri con la più antica falce erano lo stemma della città quadrangolare poi completato e rimasto. All’interno l’assetto urbano fu poi ingiuriato da quelli che abitavano la parte nuova, per le antiche e minuscole abitazioni. Casalicchio, caratterizzato da viuzze intersecate da cortili e larghi dinanzi a chiese e palazzi nobiliari inseriti appieno nel tessuto di convivenza. Chiese splendide come Sant’Agostino nella piazzetta Saturno e l’adiacente Arsenale poi Teatro – distrutto in parte dai bombardamento 1943 e poi annientato -, mentre l’istituzione curava la passione musicale dei cittadini in tante forme, espresse ora alla Villa Comunale e in altre iniziative. Dopo la sosta si va alla chiesa Santa Maria di Gesù da aprire appena possibile assieme ad altri monumenti, secondo un progetto già avviato da Associazioni ed Enti e dall’autore. Un quartiere, quello più omogeneo del Casalichio, fino al XVIII sec. era noto come via San Giuliano con l’annessa chiesa poi denominata Madonna della Luce, di cui resta il vicolo verso il porto. Venerazione a San Giuliano, portata dai marinai che in un giorno e una notte a vela raggiungevano agevolmente Cartagine e la costa d’Africa. Si tratta di Giuliano Martire a Cartagine nel 259, ai marinai richiamato dal proconsole d‘Asia e d’Africa, Nicomaco Giuliano, che dalla sontuosa e spaziosa villa di Sant’Andrea di Bonagia partiva per le sue missioni. Un culto popolare soppiantato dal cambiamento del titolo chiesa Madonna della Luce nel XVII sec., quando è scomparsa l’identità di San Giuliano Martire, primo ed unico protettore e patrono della città, confuso, per errata lettura dell’abbreviazione del nome in latino, con Sant’Ivo, come nell’iconografia e nel Libro Rosso degli antichi privilegi di Trapani. Tuttavia di Giuliano Martire sopravvive con le insegne inequivocabili del martirio una statua marmorea ora nell’atrio del vescovado e proveniente dall’antica chiesa, da cui è stata riprodotta per le monache di Erice anche una modesta tela in cui Domenico La Bruna ha impresso tutti i segni del martirio. Da questa rievocazione si passa alla chiesa San Pietro che. peraltro, ha acquisito successivamente questo titolo, la prima volta documentato nel 1308, mentre dal 1076 i normanni l’avevano dedicato, come a Mazara, sull’esempio di Roma, al SS.Salvatore, raffigurato con l’episodio del Tabor nella tela dell’altare maggiore, settecentesca, di Andrea Carreca che ha ricopiato da un’immagine più antica. Agli ebrei si è poi indirizzato l’autore con le tracce lasciate dalla cacciata ignominiosa del 1492, per disposizione dei regnati spagnoli: una traccia, oltre il monumentale Palazzo Ciambra ed altri segni cristiani soprapposti, in particolare la mezuza/ stipite della porta rimasto in via Catito – piuttosto Candito allusivo ai canti ebraici – , dove i devoti ebrei collocavano un astuccio di legno o ferro, contenente la preghiera quotidiana che toccavano sempre recitando Baruch attà Adonai eloenu / Benedetto Signore Dio nostro. Da queste evocazioni l’Itinerario passa al Castello di Terra – purtroppo mortificato dalla moderna Questura – dove sulla Litoranea appare un torrione, la cui riparazione nel 1100 ha evidenziato resti di presenza araba. Alla ‘Ra Nova ufficialmente via Garbaldi, la chiesa Santa Maria dell’Odigitria / del retto canmmino, certamente greca e allora fuori le mura, come si evince dalla toponomastica e da resti barbaramente ricoperti dopo il rinvenimento davanti le Poste Centrali. Qui si è fermato l’autore, forse per non eccedere negli improperi e piuttosto per aver parlato oltre mezz’ora tra pubblico straordinariamente numeroso e attento. L’illustrazione del volume continua con chiesa Sant’Alberto e dalla Scalinata al complesso San Domenico con la Cappella dei Crociati adorna di affreschi medievali e del Crocifisso, un’immagine dolorante del XIV sec. Dal chiostro in poi si procede nella via Orfane che conserva elementi superstiti, oltre la denominazione, l’Istituto Carità per le orfane, il monastero della Maddalena per le repentite e il monastero della Trinità per le vedove: costituivano l’iniziale fondazione dal 1535 degli “Scalzi” da parte di fra Jacopo da Gubbio che veniva poi dal ritiro di Martogna con numerosi seguaci, ormai conosciuti per il nome imposto Terz’Ordine Regolare di San Francesco, per praticare l’assistenza ai bisognosi. Si passa dalla piccola chiesa Santa Margherita invocata contro il mostro marino già nell’altra a Ronciglio, a via Mercé per ricordare la chiesa dei Mercedari occupati a raccogliere fondi per liberare quanti cadevano in mano ai corsari. La vicina chiesa San Francesco di Paola ha un altare di San Biagio, nome latino Blasius storpiato da Placidus, culto trovato dai Paolotti insediati all’inizio dove ora c’è il toponimo via convento San Francesco di Paola. Era un complesso abbandonato da eremiti prima chiamati in una antichissima chiesa San Placido e 30 martiri a Zachalanzir, ossia una memoria del 1167 a Raganzili di martiri per la persecuzione dei Vandali. I Paolotti avevano ripristinato quella memoria, ma senza riferimenti precisi e preferirono accedere al centro storico. Rincresce che questa memoria si sia confusa anche nei documenti ecclesiastici che conservano, tuttavia, la data nella Chiesa latina al 5 ottobre, come nel Kalendarium Carthaginense rimasto fino al 476 ossia V secolo. La successiva sosta è alla chiesa San Nicola, che conserva memoria del vescovo greco almeno nei secoli X e XI, come greca era chiesa Santa Sofia poi intesa Badia Nuova per il monastero annesso. Chiude la rivisitazione della città quadrangolare la chiesa del Carmine con l’imprescindibile richiamo al Santuario della Madonna di Trapani ed alle sue origini e sviluppi. Il Mercato del pesce immette nell’ampliamento aragonese disposto dal re Giacomo II nel 1286, mentre si bonificava via via la zona di scogli disseminati dall’ingresso di Porta Oscura e Torre dell’Orologio verso ponente in direzione di Torre di Ligny, poi costruita nel 1672: il risultato è l’impianto urbano con vie diritte e convergenti, incrociate da altre orizzontali da cui si intravedono i due mari Tirreno e Mediterraneo, unica visione, specie quando esisteva fino al 1960 Porta Serisso dirimpetto a Porta Ossuna e via Botteghelle. Toponimo, come altri, spiegati nel volume, quali vicolo Sant’Andrea, ultimo segno della omonima chiesa e del monastero – ora occupati dalla Scuola Elementare – sulla via San Pietro. Nell’ampliamento del 1286 emergevano: il Bastione Conca, la chiesa Santa Lucia già seconda sinagoga ebraica, la chiesa San Francesco d’Assisi, la chiesa dell’Immacolatella, ‘A Vicaria / Carcere, la chiesa del Purgatorio, la chiesa cattedrale, il complesso del Collegio dei gesuiti, la chiesa San Rocco e Ospedale Sant’Antonio. Di ciascun angolo nel volume si forniscono elementi anche inediti e sempre piacevoli. A questo punto dell’esposizione fugace l’autore si è fermato con i doverosi ringraziamenti a quanto hanno consentito il volume e la sua presentazione, nominati singolarmente, assenti compresi. La mancata esposizione, rinviando al volume, è stata supplita appena da una breve lettura da parte di Franca Di Marco, moglie del compagno – prima dei bombardamenti 1943 – di I e II elementare dell’autore, che ha letto tra gli applausi un brevissimo brano dall’Introduzione. Ha ripreso la musica con il quartetto, tra acquisti del volume e richiesti immancabili autografi.